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UN DJ GIRAMONDO AL DUMDUM: DA NEW YORK ECCO NICKODEMUS! (18 AGO)

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Siamo tutti in grande attesa per vedere alla consolle del Dum Dum Republic uno dei Dj più forti di New York. Un grande ospite internazionale che di certo non deluderà le aspettative.

Facciamoci trovare pronti domenica 18 agosto ad accogliere Nickodemus!

Conosciamolo meglio attraverso questa bella intervista...

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Pochi altri artisti possono incarnare la figura del dj e produttore giramondo meglio di Nick De Simone, conosciuto ad ogni latitudine come Nickodemus. Sarà stato l’ascendente mediterraneo delle sue origini siciliane a reagire con quel meltin’ pot di popoli e culture con cui hai a che fare quotidianamente se cresci nella Grande Mela, facendo dello storico disc jockey newyorkese uno dei trend setter più influenti quando si parla delle contaminazioni possibili tra folk e dance music.

Dai primi anni ’90, prima come dj, poi come producer e, infine, come boss della Wonderwheel Recordings ha saputo farsi interprete e promotore di un suono trascinante e solare, contaminato da sonorità globali ma mai globalizzate, innervato di profonde influenze latine e chiari riferimenti afrocentrici. “Turntables on the Hudson” è stato il party che, dal 1998, lo ha imposto a livello internazionale, per quella sapiente miscela di base di afrobeat, nu tropical, funk, hip hop, house e world music diventata di culto quando la one night ha cominciato ad essere richiesta al Cairo, a Dubai come a Barcellona, a Londra e poi a Parigi.

 

È proprio l’attitudine inclusiva ed eclettica di quel party a fungere da spunto fondamentale per le prime produzioni discografiche di Nickodemus, ‘Endangered Species’ e ‘Sun People’, che escono con il marchio della ESL dei Thievery Corporation con i quali nasce un sodalizio artistico che prosegue ancora oggi, accanto a quelli con Groove Collective, Antibalas e Tortured Soul. Con Afrika Bambaata e Quantic finisce dietro il bancone del mixer, mentre viene chiamato a reinterpretare tracce di Nina Simone, Bebel Gilberto, Astor Piazzolla e molti altri. La Wonderwheel Recordings è la sua etichetta personale, nata a Brooklyn nel 2005, e diretta emanazione dello spirito che contraddistingue le sue selezioni musicali. È col suo catalogo che abbiamo scoperto Alsarah and the Nubatones, The Spy from Cairo, Chancha Via Circuito, Nicola Cruz, Novalima, Poirier… giusto per fare qualche nome. È sempre attraverso il suo marchio che artisti nostrani come Dj Khalab, Populous, Corrado Bucci e Randomized Coffee stanno trovando nuove occasioni di visibilità internazionale attraverso produzioni discografiche sempre molto ben curate. Sarà anche per questo che le trasferte italiane del DJ newyorkese diventano progressivamente più frequenti. La scorsa settimana è passato da Candelai a Palermo e da Buh! a Firenze, per inaugurare la nuova stagione di Rooty. Lo abbiamo intervistato per scoprire qualcosa in più sui suoi progetti.

 

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“Ten Years of Painting Outside the Lines” è la compilation con la quale avete celebrato i dieci anni della Wonderwheel Recordings. Come è nata e quanto deve all’atmosfera musicale di New York?

 

Per il lavoro che faccio, ma anche per una precisa scelta di vita, sono costantemente in viaggio ed incontro tantissima gente nuova ogni anno, in ogni città nella quale vado. Molti sono giovani che arrivano ai nostri dj-set perché qualcuno ha detto loro che c’è una bella atmosfera e sul dancefloor ci si diverte molto. Ecco, ho pensato a loro quando ho deciso di realizzare questa compilation. Da una parte avevo bisogno di fare un punto su tanti anni di duro e soddisfacente lavoro, dall’altro volevo dare uno strumento per conoscere la nostra famiglia in musica a chi si avvicinava per la prima volta e non la conosceva. Inoltre avevo già fatto uscire due miei album su un’altra etichetta e sentivo il bisogno di riportare qualcosa a casa, almeno le tracce che ritenevo più significative per la storia della Wonderwheel Recordings. Mi piaceva che tutto questo si potesse trovare in un unico posto. L’ho immaginata come una raccolta nella quale tutte queste traiettorie s’intrecciassero. E New York era sempre lì. Sullo sfondo… ma da protagonista. Sono cresciuto in questa città negli anni ’80 e quello che mi ha dato è difficile esprimerlo con le parole. Ai tempi giravano tantissimi soldi ma la facilità con la quale arrivavano era la stessa con la quale fuggivano via. I cambiamenti erano repentini e la sua indomabile energia dipendeva anche da questa sua instabilità. È grazie a lei che ho imparato una cosa fondamentale: l’unico modo per restare a galla, da artista, in una situazione nella quale tutto intorno a te gira vorticosamente, è dare sempre il meglio della tua creatività. Sono costantemente in giro per il mondo ma New York continua ad eccitarmi come poche altre città. Ha sempre qualche sorpresa in serbo a chi la vive intensamente dato che il fattore novità è nel suo DNA. Ma più la conosci e più ti rendi conto che le sue cose più meravigliose sono quelle che non potranno mai cambiare radicalmente. In effetti credo che tutto quello che faccio lo devo alla combinazione tra le mie radici newyorkesi e i continui viaggi. Questi ultimi sono un’inesauribile fonte di nuove energie ma è a Brooklyn che ho bisogno di tornare per metterle a frutto, farle diventare qualcosa di concreto, dare loro una forma compiuta. Alla fine potrei dire, egoisticamente, che l’importante non è New York, ma come mi sento io a New York. Il fatto di uscire fuori conta tanto quanto il dipanarsi delle mie radici laggiù, dove c’è tutto: pop, hip hop, reggae, le evoluzioni e le radici della dance…

 

Turntable on the Hudson è uno dei punti cardine della tua carriera ed è strettamente legato alla musica e alla vita a New York. Da quale idea è nato quel progetto e come si è espanso con le versioni internazionali?

 

Turntable on è, fondamentalmente, una celebrazione degli amici, della famiglia, della musica eclettica, della danza e dell’uscire fuori di casa. Per questo in qualsiasi modo lo facciamo, continueremo a fare come abbiamo già fatto, per esempio, al Cairo, sul Nilo. Anche lì, molto lontano da dove quel party è nato, abbiamo trovato gente che ha capito il feeling e lo spirito che c’era quando abbiamo cominciato a New York. Anche lì, come nelle altre città nelle quali abbiamo portato il progetto, tanta gente ha voglia di ballare ed ascoltare musica eclettica da ogni parte del mondo, pezzi che rappresentano culture distanti e ben radicate ma che comunicano valori universalmente condivisibili se percepisci la loro vibrazione. Turntable on è un progetto che continuiamo a portare ovunque sia possibile quella sinergia tra gruppi, persone, promoter, fan… e spazi aperti. Perché trovo che la condizione naturale per questo party si trovi nelle ambientazioni open air, dove lo scambio tra le persone diventa più naturale.
Nel processo di ricerca ed organizzazione degli eventi internazionali abbiamo conosciuto moltissimi nuovi artisti che producevano e selezionavano musica partendo dalle nostre stesse ispirazioni e passioni, attraverso di loro abbiamo scoperto molte cose che non conoscevamo e così siamo diventati una grande famiglia: ai Caraibi, a Cuba, in Messico, a Porto Rico. E poi ci sono state le collaborazioni, perché quando si sta bene insieme è sempre stimolante l’idea di sviluppare progetti in sinergia: si fa musica, si parla, i dj si scambiano conoscenze e dritte… Credo che proprio questa sia la cosa più bella in questo tipo di situazioni: creare l’occasione perché si possa incontrarsi, crescere insieme, ballare e divertirsi condividendo passioni ed energia. E quando, dopo diciotto anni, vedo che la cosa funziona ancora benissimo e ad un party scopro che due artisti che si erano conosciuti sotto la mia consolle hanno fatto un disco insieme… beh, credo sia una cosa fantastica no?

 

Si può dire che la parte più recente delle tue ricerche musicali sia improntata alla declinazione in chiave dancefloor del folk?

 

Sì, se intendiamo il folk in una accezione ampia, come musica che proviene da ogni dove. Ultimamente mi piace molto scoprire la musica del passato e catapultarla nel presente, in versione originale o remixata non fa differenza. Penso a quello che fanno Dj Khalab e Baba Sissoko, per esempio, e capisco che una via molto interessante è sperimentare la vecchia scuola, le radici e la musica popolare. Trovo sia una cosa molto moderna e propria di un mondo globale. La raccolta dei remix sulle loro composizioni originali è una delle cose più innovative che abbiamo fatto uscire dall’inizio della storia dell’etichetta.
Nei miei recenti viaggi a Cuba ho trovato diversi progetti molto interessanti che viaggiano sulla stessa onda: ripescano nella musica tradizionale cubana e la rendendola perfettamente adatta per la pista da ballo di oggi.
È un modo virtuoso di continuare a imparare dal passato, rimettendo in circolo nuove idee. Può darsi che questo ritorno alle origini accada anche perché c’è un vuoto nel panorama musicale contemporaneo ma un’altra ragione fondamentale è che ci sono situazioni complesse, come nel caso di Cuba, nelle quali emerge la necessità di preservare qualcosa che stava scomparendo, una tradizione che si stava estinguendo a causa delle nuove tecnologie, dei gadget, dei cellulari, del raggaeton… Gilles Peterson ha capito davvero bene il problema e ha capito come far emergere Cuba e condurla verso il futuro.
Alsarah & The Nubatones è un altro dei progetti dell’etichetta che lavora in questa direzione. Lei è una cantante che chiama la sua musica Retro pop dell’Africa est, arriva dalla Nubia… Il sound è degli anni ’70. Ha molto della musica tradizionale anche precedente ma il suo piglio è decisamente moderno ed è molto bello vedere il successo che hanno in Medio Oriente e in Sudan. Thornato è un altro dei nostri artisti che amo molto. Anche lui viaggia in tutto e insieme a vari musicisti fa una musica dance davvero bella e globale. Quelli di El Bhúo si rifanno, invece, più allo stile caraibico, messicano e indiano ma sempre mescolato con l’elettronica.

 

La musica che arriva da Puerto Rico pare essere una di quelle che prediligi maggiormente nei tuoi ultimi set. Le hai dedicato una recente compilation realizzata assieme a Quantic per raccogliere fondi a fini umanitari.

 

“Love for Puerto Rico” è una compilation che ho curato per cercare di raccogliere fondi utili a migliorare le condizioni di vita nell’isola dopo il passaggio dell’uragano Maria. In molte zone, da mesi, non c’è corrente elettrica e acqua corrente. Molti di noi non sopravviverebbero per più di due giorni in queste condizioni e il governo americano è molto lento nel reagire alla situazione. Se ci fosse in corso una guerra, in meno di mezza giornata sarebbero lì con interi contingenti di navi, carri armati e missili. Faccio musica a Puerto Rico da quindici anni con un sacco di artisti locali. Il suono di questa raccolta è quello di NYC mescolato con le radici di Puerto Rico e ho incluso molte delle tracce migliori alle quali abbiamo lavorato. I ricavi dalla sua vendita vanno, direttamente, a due delle organizzazioni maggiormente impegnate da quelle parti: wavesforwater.org che si occupa di costruire sistemi di filtraggio dell’acqua anche nello zone più remote e resilientpowerpr che sta costruendo generatori ad energia solare nelle 72 municipalità. La cosa buona è che questi strumenti, dei quali la gente ha bisogno subito, garantiranno anche un futuro sostenibile all’isola. Trovate la compilation (disponibile solo su bandcamp) a questo indirizzo.

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Dicci qualcosa del tuo prossimo album Mystic Molay.

 

La prima cosa che mi viene da dire è che per me si tratta di un vecchio album, se penso che ci sto lavorando da cinque anni, nel mezzo di un costante tour in giro per il mondo. Sono certo che ascoltandolo con attenzione puoi sentirci tutti i luoghi nei quali sono stato a suonare, incontrare amici, condividere ascolti. C’è la deep house e il funk turco, canzoni sui cavallucci di mare e un sacco di roba che suona pienamente NYC anche se ormai mi sento un marinaio di party selvaggi cittadino di ogni porto. Alcune tracce che lo compongono sono già uscite come singoli, compresa la title track, ma la maggior parte sono inedite e si potranno ascoltare quando il disco uscirà, tra marzo ed aprile 2018.

 

Sono le tue origini siciliane che ti fanno guardare con tanta attenzione alla scena musicale italiana? Te lo chiedo perché negli ultimi tempi la tua Whonderwheel ha pubblicato i lavori di ben quattro progetti italiani e tu cominci a suonare con una certa frequenza nel nostro paese…

 

Ci ho messo circa vent’anni a farmi un nome in Italia e ora comincio a godermi i frutti di tanti sforzi. Prima di entrare in contatto con questi artisti non ero al corrente che nel vostro paese ci fosse una scena musicale così ‘bubbling’. Ero stato molto coinvolto in paesi come la Francia, la Spagna, l’Inghilterra, il Sud America e i Caraibi ma ignoravo la geografia sonora italiana. Dopo alcune memorabili date in Sicilia, in club e festival, ho capito che avevo molte cose da imparare nella terra delle mie radici e un sacco di artisti interessanti da conoscere. Così ho cominciato a prestare una grande attenzione a quello che stava succedendo da voi. I primi con i quali sono entrato in contatto sono stati Corrado Bucci, Massimo Voci, Tommy Rebel (DJ Choice) & DJ Khalab che mi hanno letteralmente aperto le porte per conoscere artisti come Populous e Massimiliano Troiani (Randomized Coffee). Ora mi sento in famiglia in mezzo a tutti loro.
Ogni volta che vengo in vacanza o per lavoro in Italia troviamo l’occasione per ispirarci a vicenda e comunicare in armonia davanti a una buona pizza. Corrado Bucci, per esempio, nonostante la giovane età ha uno spessore artistico straordinario e fa una musica illuminante e complessa. Girare con Populous tra Barcelona e Ibiza è stata una cosa fantastica. Cercavamo un’occasione per suonare insieme e quella doppia data è stata perfetta perché era un po’ vacanza e un po’ lavoro. Arrivare al back to back con Andrea è stata la cosa più naturale del mondo: ognuno ha fatto scoprire all’altro un sacco di musica nuova.
Il primo party a Barcellona è stato una specie di test. Se in quella città riesci a suonare dalle due alle sei del mattino di un giovedì e tutti restano in pista a ballare nonostante la consolle sia messa male e il limiter dell’impianto ti tagli tutte le basse… beh allora puoi suonare dovunque. Dopo un’esperienza del genere Ibiza è stata come una vacanza e suonare su quell’impianto era come guidare una Ferrari che DJ Protopapa portava al livello 5th gear!
Nelle mie due prossime date italiane avrò il piacere di tornare nella terra delle mie radici, la Sicilia, grazie a una nuova collaborazione con Massimiliano Troiani e di vedere, finalmente Firenze, dopo essere stato preso in giro per anni perché non avevo ancora visto una delle città più belle del mondo, io che ho fatto un po’ di volte il giro del mondo.
Infine avrò il piacere di tornare a suonare a Pristina, in Kosovo. Quello è un posto molto speciale per me perché a NYC ho molti amici kosovari che sono scappati dalla guerra. dieci anni fa mi hanno portato, per la prima volta, a fare un party nella loro città, dove sono stato uno dei primi ospiti internazionali. In quelle notti c’era un’energia incredibile perché la scena clubbing stava esplodendo.
Ora ci sono un sacco di artisti che riportano nel loro paese le esperienze e gli scambi che hanno fatto in giro per il mondo e accrescono la cultura musicale di una scena molto interessante. In questa occasione avrò il piacere di inaugurare, con il mio dj set, un nuovo club denominato Zone.

 

Tratto da  www.soundwall.it

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