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ASPETTANDO KARL MARX A CAPACCIO ....

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La voce del Popolo è sempre la stessa, come un mantra ripetuto nei secoli, di cui si è perso il senso.

La voce del Popolo a Capaccio da quando ho memoria è sempre la stessa: “ non si fa nulla per il paese, gli amministratori non fanno nulla,le strade sono piene di buche, potremmo essere un centro turistico ed invece siamo qui a scannarci tra di noi per le briciole” e non è finita qui perché il libro delle lamentazioni continua, l’eco risponde” le nostre scuole cadono a pezzi, siamo la città più bella della Magna Grecia e non si fa mai niente, i nostri figli non hanno la possibilità che hanno i giovani in altri paesi”. E’ cosi lungo e doloroso il cilicio nel quale i cittadini capaccesi, me compresa, si sono avvolti che appare difficile, se non impossibile, trovarne l’origine, a meno di non voler ripercorrere a ritroso la nostra storia fino al primo ominide comparso sulla splendida, luminosa, fertile, piana del Sele.

Di analisi storiche non ne posso più, ma l’irritazione che provo nell’udire lamentele rassegnate, da prefiche tecnologiche, perché facebook ha ampliato gli orizzonti della rassegnazione rendendola una pratica universale, mi ha aperto il terzo occhio, ho avuto l’illuminazione, come se d’improvviso tutte la retorica del “non c’è niente da fare” mi avesse aperto un enorme buco in fronte, proprio all’altezza dell’arco sopracciliare, e da questo buco fossi riuscita a vedere a zoomare con precisione implacabile ogni dettaglio del mio paese, ogni più nascosta verità, ogni più piccolo aspetto del nostre fronte capaccese. Il punto della questione, la domanda delle domande alla quale rispondere in fretta, prima che Capaccio venga riavvolta dalla palude è la seguente: “ siamo cittadini o paesani?” la questione non è relativa alla dimensione del nostro territorio, non è neanche avulsa da una certa speculazione filosofica, rifacendomi, con la domande delle domande, al giovane Karl Marx, sulla famosa distinzione tra citoyen e burgeois. Marx dice “L’uomo conduce non solo nel pensiero, nella coscienza, nella realtà, una duplice esistenza una celeste e una terrena, l’esistenza nella comunità politica in cui egli si ritiene un ente comunitario e l’esistenza nella società civile nella quale opera come uomo privato, il quale intende gli altri uomini come strumenti” Traduco liberamneteburgeois come paesano, perché mi sembra calzi meglio alla nostra identità socio-culturale-cazzara,di abitanti della città più bella Magna Grecia. Orbene, la questione, già individuata da quel geniaccio barbuto, è ancora presente, senza scorgere una sola timida, balbuziente, risposta.

“ Che c’entra Marx con Capaccio?” direte voi, sorridendo alla mia ingenua domanda. C’entra vi rispondo, innanzitutto perché vivendo qui la mia gioventù, mentre i miei coetanei di altre città più belle delle Magna Grecia, andavano per concerti, mostre, facevano baldoria, io me ne stavo chiusa in casa a leggere il Capitale e per questo ho già fatto ricorso alla Corte di Giustizia europea, ricevendo una laconica riposta “ Capaccio-Paestum non esiste!”. E ad andar dritto e rigirando la marxiana quaestio al nostro villaggio , la nostre lamentazioni, quelle nostre lunghe dissertazioni culminanti! “ a Capaccio non c’è niente da fare”, assumono una portata filosofica; diamine dopo tanto parlare, almeno riconoscere che non siamo fessi, ma filosofi, ci può consolare nel tedioso inverno!

Il fatto è che noi espletiamo il nostro diritto di cittadinanza, assumendo il titolo di “cittadino”, solo al momento elettorale e nelle questioni di macroscopica rilevanza nazionale. Una volta eletto il nostro rappresentante, questi dovrebbe diventare un sorta di supersupereroe, che metta insieme superman, spiderman, topolino, e che risolva in fretta i nostri problemi, prima di tutto quelli davanti casa nostra, proprio davanti casa. Il nostro orizzonte politico non giunge aldilà della nostra finestra di fronte( per fare una citazione poetica). “ Tutta colpa dei politici, Tutta colpa degli amministratori!” Risuona il coro dei Tebani in una perenne e barbosa tragedia. E se il coro avesse sbagliato? E se la culpa non fosse dei politici, ma semplicemente la nostra, la nostra di piccoli paesani che tengono solo al particulare( altra dotta citazione) senza aspirare mai ad essere cittadini, parte di una vera comunità?

 

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